Skate SD: Building Skateboarding's Future é un video skate documentario prodotto nella cittá di San Diego e, diciamo, dedicato alla cittá della California.
Appena inizia il video capisci che non sei davanti al “classico” video skate (lasciando perdere la differenza tra filmare in HD o con una VX, ad esempio); ma ti trovi di fronte ad un prodotto dalla qualitá che si rapporta molto di piú ad un documentario vero e proprio, piuttosto che a un video di skate con i tuoi amici.
Tony Hawk é il padrone di casa e spetta a lui introdurre il video: “E´ strano pensare a come lo skateboard fosse per cosí poche persone, una volta; e adesso puoi trovare skatepark ovunque, tutti sono benvenuti, una volta era un ambiente molto piú ristretto…”.
Dopo di lui, il fotografo Grant Brittain fa un´ottima considerazione: “Il surf é nato nelle Hawaii e quei ragazzi sono fieri di averlo inventato loro. Questa città ha dato tantissimo allo skate e i suoi abitanti dovrebbero essere grati di questa cosa”.
La storia inizia come tutte le altre: i surfisti locali cominciano a spostarsi da uno spot all'altro con delle tavole rudimentali, molto simili ai cruiser di oggi, ma costruite con materiali molto diversi.
Iniziano piano piano a conquistare le scuole, i marciapiedi, le piazze. qualsiasi posto dove si possa emulare quello che fanno nelle onde.
Questi sono proprio i movimenti del surf-style rapportati ad un mezzo di trasporto. Le ditte di surf iniziano cosí a produrre modelli di skateboard da inserire in catalogo.
Hobie, Bahne e Gordon & Smith sono alcuni tra i pionieri di questa disciplina, anche se, ovviamente, truck, ruote, tavola e cuscinetti erano di un´altra concezione e costruiti con materiali non ancora moderni.
Grant Brittain si chiede: “Ma come facevano a fare tutti quei trick con uno skateboard come quello?”
Rendetevi conto che la ruota skate era fatte di argilla o, in un altro caso, di metallo.
Ma nel 1973 cambia tutto.
Un ragazzo di Encinitas, Frank Nasworthy, decide di aprire un business per produrre ruote da skateboard in uretano, un materiale plastico molto differente rispetto ai materiali utilizzati fino a quell´epoca. Il motivo di questa idea? Aveva visto molta potenzialitá in quel materiale se applicato allo skateboard.
Puro genio, direi! Come chiamare questa nuova ditta? Era talmente stilosa come idea che la chiamarono Cadillac.
San Diego é quindi il posto dove la prima, importantissima tecnologia, incontra lo skateboard. Ovviamente un nuovo mondo e nuove, infinite possibilità spalancarono le porte, da quel giorno.
Ma le innovazioni non finiscono qui, perché anche l'industria del truck prende una nuova piega.
Tracker Trucks produce dei truck piú larghi, rispetto ai soliti che servivano solo, piú che altro, per tenere insieme tavola e ruote.
Maggiore larghezza porta a maggiore stabilitá e, quindi, a nuove manovre e nuovi terreni da esplorare.
Le colline delle nuove zone residenziali di San Diego diventano, in breve, nuovi terreni dove poter fare skateboard downhill senza essere disturbati.
Una signora, local di quella zona, racconta di come in quegli anni avesse iniziato ad andare in skateboard anche lei, allora teen-ager, solamente dopo aver visto passare davanti agli occhi i suoi vicini di casa che scendevano ai 200 all'ora dalla collina. “Nessuno ci diceva niente...eravamo ovunque e ogni volta eravamo sempre di più”.
Dall'altra parte non tutti gli skater hanno voglia di scendere dalle colline o fare lunghe carvate, così molti di loro iniziano a spostarsi nei canali, nelle dighe, posti più chiusi ma che permettevano più linee, a differenza del scendi-e-sali delle colline.
L'esplorazione continua e si skateano i primi pipe, bestie di 6 metri di diametro sperdute nel deserto dell'Arizona. La sensazione di girare su quelle cose é incredibile ma c´é un problema: come poter skateare, a casa propria, una struttura cosí? In giro non ce ne sono e trasportarne una é impossibile.
L'unica soluzione é costruire.
Gli skater locali si armano di chiodi, martelli e fantasia e nasce la prima halfipe, Rampage, e anche qui altre situazioni si creano: nuove manovre, sempre piú skater e sempre piú divertimento.
Qualche tempo dopo nasce un´altra importantissima cosa: il primo skatepark.
L'idea nasce da un imprenditore che, vedendo nello skateboard un nuovo business in crescita, decide di costruire, insieme ad uno suo amico surfer, il primo skate park.
Questo termine non esisteva ancora, cosí come la concezione di un posto simile, e tutto nasce buttando su carta idee e disegni, con la voglia di creare qualcosa di non ancora inventato.
Il Carlsbad Skatepark apre le sue porte nel 1976.
Immaginatevi il divertimento, la motivazione e la voglia di creare qualcosa di nuovo che ha potuto portare una struttura di quel genere, in quel luogo e in quegli anni.
Tutto si svolge in breve tempo. In pochi anni gli skaters passano dalle ruote di argilla e alle manovre che copiavano il surf, ad avere oltre 300 skatepark in tutta la nazione, si iniziano ad organizzare contest e il livello di innovazione delle manovre e dei materiali impiegati nell´hardware é sempre piú alto.
Ora riprende la parola Tony Hawk e fa subito un punto su una questione: “Io ho iniziato da piccolo, quando giá potevi vedere i ragazzi piú grandi fare gli aerial, ma da subito ho notato che a questa questa attivitá partecipavano per lo piú i maschi… non so come mai, ma nei primi anni si vedeva poco una ragazza con una tavola sotto i piedi…”.
Ma, tornando alla fine degli anni 70, ben 7 skate park erano presenti nella zona di San Diego.
Uno di questi era il famoso Del Mar Skatepark.
Le cose cambiano qualche anno piú tardi per una questione spigolosa: gli skatepark attiravano si un sacco di gente ma, la maggior parte, erano ragazzi che seguivano lo “sport” del momento e che si trovavano ad un certo punto ad affrontare delle strutture disegnate e create per persone esperte.
Il risultato? Un sacco di incidenti.
Le compagnie di assicurazione non hanno piú voglia di pagare cosí tanto, perció il prezzo delle polizze sale ed il futuro, per molti di queste “aziende” é quello di chiudere per mancati guadagni.
Ricordatevi che in quegli anni le persone che investivano il proprio denaro per un business come quello erano semplicemente imprenditori, e non skater.
Gli skatepark passano da qualche centinaio in tutta la nazione a 3.
I ragazzi che fino all´anno prima avevano in mano una tavola non si fanno piú vedere, a Del Mar, e gli skater che lo frequentano passano dalle centinaia al giorno a poche decine.
Ma quelli che rimangono sono quelli veri, quelli che hanno voglia di imparare e progredire e incontrare solo nuove persone con la stessa passione.
Ed é in questo periodo che inizia farsi notare un giovanissimo Tony Hawk.
“Il ragazzino ha talento… ma é uno dei soliti in mezzo agli altri”. Dicono all´inizio.
Ma Tony inizia a progredire sempre piú, e la gente comincia a dire: “E´ questo il futuro dello skateboard?”
Lui continua: “Quando ero alle superiori dovevo nascondere la tavola nei cespugli dietro la scuola, cosi´ nessuno poteva prendermi in giro perché andavo in skateboard. Finita la scuola, correvo dietro ai cespugli, recuperavo la tavola e andavo al park per otto ore filate. Tornavo a casa, mangiavo e andavo a dormire. Il giorno dopo era lo stesso: scuola, skateaprk, casa.”
Ora Grant Brittain inizia a raccontare di come ha iniziato a fare foto di skateboard: era il gestore del park e si era trovato davanti, all'improvviso, tutti quei talenti sulla tavola che lo hanno spinto a prendere in mano la macchina fotografica ed iniziare a scattare.
“Qui potevano venire tutti, non interessava a nessuno se fossi ricco, povero, bianco, nero…eri qui per andare in skate e tutti erano qui per fare questa cosa e basta”.
Iniziano i primi problemi con i proprietari del terreno che ospitava lo skatepark: si trovava in questa area sportiva con campi da golf e tennis e non erano ben visti dai vicini sportivi.
Frank Hawk, il padre di Tony, inizia ad interessarsi di questa cosa: sul fatto che queste situazioni non siano organizzate in nessun modo.
In breve tempo lo skatepark di Del Mar diventa di nuovo tempio di meeting di skater e competizioni.
Nasce anche una rivista specializzata, Transworld Skateboarding, che inizia ad occuparsi massicciamente di quello che succedeva intorno al park.
Tutto quello che finiva nella rivista diventava di riferimento per la scena, ovunque si trovasse.
Nel 1986 c´é un cambiamento: lo skateboard cresce sempre di piú, ovunque, e molte piú persone hanno la possibilitá di costruirsi nel giardino dietro casa una struttura (una mini o un vert) e, altro fatto, anche i contest cambiano aspetto, passando dai grossi park in cemento californiani a strutture piú adeguate per situazioni che lo ospitavano, come ad esempio le arene sportive.
Nasce quindi lo skateboard in vert e, per molti skater abituati ad un altro tipo di struttura, diventa la fine della loro avventura su una tavola.
Ma anche quesa soluzione ha i giorni contati: non c'era libertá di skateare quelle strutture perché si trovavano in case private, quindi dovevi chiamare il proprietario e magari sentirti dire che quel giorno non potevi andare in skate; oppure i vicini di casa si lamentavano per il casino, cosí molti skater adottano la soluzione piú semplice: prendere la strada.
“Cercavamo qualsiasi cosa - dice Brandon Turner - scuole, piazze, cortili dei palazzi. Qualsiasi posto dove ci lasciavano fare in pace quello che volevamo fare”.
Il mondo intero stava per diventare un nuovo parco giochi.
Transworld era li per documentarlo e la cittá di San Diego era uno scenario perfetto per tutte queste cose nuove che stavano succedendo.
Gli street spot della cittá californiana sono praticamente infiniti, a quell´epoca, e presto la cittá é sulla mappa come una delle nuove mecche da raggiungere da ogni parte del globo.
Anche a questo punto, peró, nuovi problemi crescono.
Si capisce ben presto che grazie all´incremento notevole degli skater per le strade, si moltiplicano le chiamate da parte di qualsiasi cittadino incazzato perché dei ragazzini gli stanno rovinando la proprietá.
Aumentano le guardie di sicurezza, i cartelli che vietano lo skateboard gli skate-stopper iniziano a comparire e le multe sono all´ordine del giorno.
Ma la cultura continua a crescere e, a metá degli anni 90, é ormai consolidata tra migliaia di persone in tutto il mondo.
A livello di business, peró, le aziende, dalle tavole, alle scarpe e all´abbigliamento, sono ancora tutte gestite da skater e due tra queste, Osiris e DC Shoes, sono originarie della cittá di San Diego.
Inizia il periodo dove le vendite di questi prodotti iniziano a superare quelli delle tavole, ruote e truck.
Ad un certo punto quello che succede in California é ad un livello tale che le compagnie esterne mainstream iniziano ad interessarsi a questo “fenomeno”, nell´ambiente dei contest e della tv entra in gioco una realtá che fino ad allora non si era mai vista: gli X-Games.
Subito i punti di vista diventano due: chi li vede come un´intrusione nel loro mondo, e chi, dalla parte opposta, li vede come quelli che possono ampliare il numero di persone interessate a questa disciplina.
“Improvvisamente - dice Tony - lo skateboard diventa una cosa che puoi anche vedere dal salotto di casa tua”.
In uno di questi contest viene introdotto anche il concetto di “Best Trick”, ovvero una run continua di 20 minuti dove gli skater provano solo il loro trick migliore.
Tony partecipa e chiude un varial 720. É soddisfatto e fa per scendere dalla rampa.
Lo speaker, dal microfono, gli urla “Fai un 900!”. Lui risale i pochi scalini che aveva appena sceso per andare giú dalla struttura e droppa, provando il primo 900 “televisivo” della storia.
E´ in quel momento che il mainstream si accorge di quanto sia difficile andare in skate.
Il tempo della sua run finisce, ma Tony risale e continua a riprovarlo per 2, 3 volte.
Il pubblico non smette di fare casino, la gente da casa non riesce a staccarsi dalla televisione e in cabina regia non capiscono cosa sta succedendo.
Tony droppa un´altra volta e lo chiude.
Contemporaneamente esce il video game Tony Hawk's Pro skater e il mondo é cambiato per sempre.
I ragazzini di San Diego impazziscono, tutti vogliono uscire con lo skateboard ma… la cittá, come moltissime altre, non ha strutture dove ospitarli.
Nasce in Tony l'idea di una nuova organizzazione per questo tipo di problemi, un'organizzazone con in testa il preciso intento di avere maggiori e migliori strutture disponibili per tutti quelli che vogliono avvicinarsi allo skateboard.
Primo obiettivo di questa organizzazione (laTony Hawk Foundation): la creazione di nuovi skatepark pubblici e gratuiti, togliendo quello stigma che faceva credere che gli skater fossero solo dei combina guai in giro a far nulla, tipico degli anni precedenti.
Grant Brittain: “Ora ogni cittá dovrebbe avere uno skatepark. E´ un segno di civiltá. Una cittá non puo´ rimanere senza un campo da baseball o un luogo dove poter portare il tuo cane, quindi perché dovrebbe rimanere senza uno skatepark?”.
Ed é anche grazie alla costruzione di situazioni come queste che, piano piano, anche le ragazze si sono riuscite ad avvicinare sempre piú a questa disciplina.
Ricordate il discorso che facevamo prima sulle ragazze che non andavano in skateboard negli anni 70?
Ora la situazione si ribalta e ci sono sempre e sempre piú ragazze interessate a progredire.
Non esiste piú il concetto di andare in skate come un ragazzo o una ragazza: ora si va in skate e basta.
Bryce Wettstein, una ragazza local di San Diego e atleta olimpica, dice: “Qui puoi trovare un´altra famiglia. Vieni qui e tutti ti trattano come se fossi un parente stretto”.
E continua: “Quando un ragazzino entra in uno skatepark non ha allenatori, non ha la squadra alle spalle, nessuno gli dice cosa deve fare o deve andare. E´ tutto nella sua testa. Puó andare dove vuole e fare quello che vuole”.
Le ultime parole del documentario sono, ovviamente, di Tony Hawk: “Spero che gli abitanti di San Diego siano a conoscenza dell´ importanza che la scena skate locale ha portato alla cultura e al riconoscimento della cittá a livello mondiale. Ma ricordiamoci sempre che nulla sarebbe potuto accadere se la cittá di San Diego non fosse stata concepita, strutturata ed abitata da queste medesime persone”.
“E ricordatevi sempre - conclude - che un ragazzino, quando va allo skatepark per la prima volta, anche se non é li per andare in skate, vuol dire che é stato attratto dal rumore, dai trick, dalle persone, dai vestiti che indossano, da qualsiasi cosa ha in mente lui, ma é molto probabile che ci finisca dentro in questo mondo, come abbiamo fatto tutti noi”.